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Porto Cesareo: origine del nome

Per conoscere l’origine del nome Porto Cesareo dobbiamo andare indietro fino all’epoca dei romani quando non era ancora conosciuta con il nome attuale.
Sull’origine del nome Porto Cesareo ci sono state diverse e controverse interpretazioni.

Plinio nel suo libro Naturalis Historia, libro III, 11, 99, 101 si riferisce a Porto Cesareo chiamandola con il nome Portus Sasine o Senum. Successivamente questa tesi venne smentita. Infatti, secondo molti studiosi, Porto Cesareo era chiamata soltanto Senum perché il Portus Sasine, a cui faceva riferimento Plinio nel suo libro, non era quello di Porto Cesareo, ma quello dell’isola di Sasona vicino al porto di Valona, in Albania.

Molte congetture sono state fatte sul perché venne dato il nome Senum e la più quotata vede che la toponimia di Senum sia da identificarsi con alcuni idronimi di origine celtica. Questo ci porta a supporre che il nome Porto Cesareo fosse al centro di qualche fenomeno dovuto all’azione dell’acqua visto che all’epoca era una zona molto paludosa.

L’epoca romana

La seconda guerra punica si disputò nel golfo di Taranto e vide lo scontro tra le navi cartaginesi e le navi romane. Dopo la vittoria dei romani questi, tra il 209 ed il 207 a.C. (III secolo), si stanziarono nella zona tarantina fino ad arrivare sulle coste di Porto Cesareo che divenne un porto di rifugio proprio per i romani grazie alla sua varietà di isole e isolotti che fungono da protezione per la costa.

Ciò fece di Porto Cesareo un importante sito di scambi commerciali.

Ancora oggi possiamo trovare qualche traccia di questo intenso scambio marittimo come le colonne romane, scoperte nei pressi di Torre Chianca.

Colonne romane
Colonne romane

Sempre nei pressi di Torre Chianca sono state scoperte: le fondamenta di un antico edificio romano, un corredo di armi appartenenti ad un soldato, armi con punte di freccia fatte in bronzo, pesi e ancore, proiettili fatti di terra cotta mista a materiale ferroso, stele funerarie in pietra tufacea, monete romane (come un dupondio di neone, un dupondio di Augusto Ottaviano, monetine dell’imperatore Massenzio e una moneta Follis).

Inoltre vide la luce una necropoli costituita da una ventina di fosse sia piccole che grandi e dei sarcofagi a vasca con lastre di copertura fatte di pietra leccese.

Il medioevo

Successivamente ai romani, la costa salentina cadde sotto il dominio dei Bizantini che trasformarono il paesaggio tipicamente rurale tramite la costruzione delle prime torri di difesa i “PYRGOI” (torri d’avvistamento) munite di avamposti a tutela dei piccoli e grandi borghi.

Verso la metà dell’undicesimo secolo, arrivarono in Puglia e Lucania i Normanni.

Ed è proprio sotto questa dominazione che troviamo la prima definizione di Porto Cesareo con Cesarea.
Con l’arrivo dei normanni, Federico II, nel 1239, ebbe in programma lo sviluppo strategico militare proprio delle coste salentine e la valorizzazione del porto di Cesarea come base navale. Ma ciò non accadde forse a causa dei conflitti tra guelfi e ghibellini proprio nel territorio neretino che avvenne nel 1254.

Vediamo poi l’ascesa di Carlo I d’Angiò (sovrano angioino) che, dopo essere entrato in possesso della Terra D’Otranto, nel 1269 fece effettuare un censimento delle terre demaniali disabitate (tra cui Cesarea). Questo portò il porto di Cesarea a diventare una stazione navale sullo Ionio grazie alle sue acque protette naturalmente dalle varie isole e isolotti. L’arsenale fu disegnato nel bacino d’acqua della Strea perché qui oltre ad essere un porto protetto vi era anche un foresta che da questa località (L’Astrea) arrivava fino a Torre S. Isidoro (S. Sodero- Sidro).

Da questa foresta arrivava il fasciame che veniva utilizzato per la riparazione delle navi di questo arsenale. Nei pressi della Strea sorgevano le abitazioni dei manutentori per la riparazione dei navigli.

Nel porto di Cesarea arrivavano diverse navi tra cui: galere, vascelli, galeoni provenienti dalle varie rotte come ad esempio dal Medio Oriente, dalla Terra Santa, dalla Sicilia e dall’Africa e qui venivano rifornite sia come armamenti sia come viveri (tra cui le friselle).

Ad oggi sono ancora visibili alcune tracce di questo passaggio. Proprio in questa località troviamo resti di fondamenta, solchi nella roccia dovuti alle ruote dei traini e il rinvenimento di un’imbarcazione nel fondale sabbioso antistante la penisola della Strea.

Per circa un secolo il porto di Cesarea divenne un porto mercantile ma anche militare necessario al riparo dei navigli.

Dopo la guerra del Vespro che destabilizzò gli angioini, Cesarea perse la funzione di arsenale e divenne un porto marinaro e mercantile sotto la dipendenza del Principato di Taranto; il porto, successivamente, passò sotto il demanio alle dipendenze del re Ferrante I che sottopose a rigida sorveglianza le coste ioniche sia di giorno che di notte. Il re volle inoltre tassare il pescato proveniente da questo porto e, in un noto documento, Ferrante I attribuisce al borgo marinaro di Cesarea il toponimo di “Pescaria”.

“Item che li Tarantini paghino la decima dei pesci, si pigliano la pescaria di Nardò”

Nel 1497 il re Ferrante I cedette Nardò (di cui faceva parte anche Cesarea) al casato Acquaviva d’Aragona.

Per volere del Duca di Nardò (Francesco Acquaviva d’Aragona) proprio a Cesarea, sulla costa di levante, venne costruito il primo complesso edilizio caratterizzato da una locanda, due stalle, dei dormitori destinati ai marinai nomadi e una bettola che successivamente venne dotata di una cisterna e di un forno per la cottura del pane.

Palazzo Greco B&B Porto Cesareo

Le Torri costiere

Dopo aver conquistato Otranto, con la strage degli Otrantini del 1480, i turchi aumentarono gli assalti nei centri costieri e nei porti con razzie nei centri abitati.

Questi fatti allarmarono le autorità spagnole del Viceregno di Napoli. Nel 1530 il marchese di Alarcon visitò le coste salentine e notò la loro vulnerabilità da attacchi via mare e decise di informare e consigliare il Viceré di Napoli di dotare la costa ionica e adriatica con una serie di torri di avvistamento per proteggere le coste.

Gli assalti alle coste salentine divennero sempre più frequenti e ciò spinse le autorità del Viceregno a sorvegliare i litorali con guarnigioni di truppe spagnole. Così, negli anni 1532 1533, vennero costruite, nel 1560/63, le prime torri di rifugio a Foggia. Nel 1568 ne costruirono delle altre a base troncopiramidale e a forma quadrangolare tra cui: Torre Inserraglio, Torre Lapillo, Torre Cesarea, Torre Castiglione e Torre Colimena.

Torre Squillace
Torre Squillace

Porto Cesareo, borgo di pescatori

Nel 1700, Cesarea divenne a tutti gli effetti un borgo abitativo.

Oltre ad essere un porto mercantile che favoriva il commercio di olio e di grano, nel paese si svolgeva un’altra importante attività ossia la pesca utilizzando attrezzi quali: palamiti, reti, nasse, fiocine ma anche l’uso della tonnara.

Ciò portava interi nuclei familiari a lasciare il proprio paese di origine per trasferirsi qui per lunghi periodi. Oltre a queste famiglie, il borgo era abitato anche dalle famiglie dei guardiani delle torri (cavallari, bombardieri e torrieri).

In questa epoca storica troviamo anche il “marinaro” ossia quando un genitore prendeva il mare con imbarcazioni a vela o a remi, accompagnati dai propri figli, con lo scopo di insegnare il proprio mestiere e tramandarlo alle nuove generazioni. Conoscevano perfettamente le rotte da seguire e sfidavano ogni giorno il mal tempo. Non avevano una bussola alla quale fare riferimento. I loro punti di riferimento erano costituiti dalle torri (Cesarea, Lapillo, Chianca ecc.) dalle masserie e dagli scogli. Il loro letto a bordo era costituito da paglia secca, mentre il loro cibo era costituito principalmente da una frisa.

I pescatori usavano il baratto per scambiare il pesce appena pescato con prodotti delle vicine masserie quali legumi, farine, formaggi, vino e frutta.

I primi ad abitare Porto Cesareo furono i tarantini che sostavano nei mesi in cui la pesca era più fruttifera in baracche (abusive) costruite con fasciami di legno nei pressi della torre Cesarea.
Porto Cesareo Mappa Storica
Foto tratta da pagina 260 del libro “Porto Cesareo dalle origini ai nostri giorni di Gigi Pasanisi”

In questo periodo ci furono i primi incontri tra ragazzi e ragazze e nacquero nuove famiglie che abitarono il paese. Mentre gli uomini erano a mare, le donne erano nelle campagna per raccogliere verdura o per raccogliere i giunchi che in un secondo momento venivano utilizzati per formare nasse o coffe (cesta utilizzate per il palamito).

Palazzo Greco B&B Porto Cesareo

La Chiesa della Beata Vergine del perpetuo soccorso

Nel 1880 grazie ad una visita del vescovo di Nardò, venne costruita la Chiesa intitolata alla Madonna del Perpetuo Soccorso affianco al tempietto già esistente (costruito negli anni 1639/40) che era troppo piccolo per accogliere tutti gli abitanti del borgo.

Cappella Beata Vergine Maria del Perpetuo Soccorso
Cappella Beata Vergine Maria del Perpetuo Soccorso.

Palazzo Greco B&B Porto Cesareo

La bonifica delle zone paludose

Il territorio Cesarino era composto da zone paludose (denominate: Tamari, Belvedere, Bianca, palude del conte, palude grande, chiusurella) e da ciò ne conseguì il diffondersi della malaria che provocò moltissime vittime nel piccolo borgo.

In questa costa era quindi molto diffuso il fenomeno dell’emigrazione sia per l’inospitalità di queste terre a causa delle zone paludose sia per le invasioni di barbari e saraceni.

Si cercò così di bonificare l’area con la costruzione di bacini imbriferi (1927) con una rete di canalizzazione tra bacini ma anche tra bacini e mare così da evitare la stagnazione dell’acqua e avere un flusso continuo che dal mare arrivava ai bacini.

Nel 1929 ebbero inizio delle importanti opere di bonifica. E fu così che proprio nel 1929 nacquero le prime 5 palazzine bifamigliari costruite vicino la torre e di fronte al mare. Fu proprio grazie alla bonifica delle paludi e alla costruzione di strade che ci fu lo sviluppo demografico di questo territorio.

Porto Cesareo, veduta aerea. Foto Emiliano Peluso.
Porto Cesareo, veduta aerea. Foto Emiliano Peluso.
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